L’IPERSENSIBILITA’ AI CAMPI ELETTROMAGNETICI: UN’ESPERIENZA DI VITA PARTICOLARE
Quello che succede all’inizio con l’ipersensibilità all’elettromagnetismo e ai campi magnetici in realtà è un feed-back: è una dotazione genetica ereditata quasi sempre in linea femminile dai genitori o dai nonni, a volte anche da generazioni più indietro; si nasce con le “antenne” già molto evolute e attive e questo crea spavento per tutto quello che si capta; all’inizio la percezione è più un captare segnali di tutti i tipi senza riuscire a filtrarli e subendo un grosso “rumore di fondo” per le interferenze continue; ma dentro a questi segnali di varia natura ce ne sono molti che creano spavento, paura e a volte terrore.
All’inizio, cioè quando si è molto piccoli, molti sono segnali incomprensibili, indecifrabili, che però spaventano.
Subentra così una progressiva ricerca di captare anche il più piccolo segnale per cercare di proteggersi, di mettersi in sicurezza, come fanno i gatti con i rumori. Il gatto drizza le orecchie, l’ipersensibile drizza le “antenne”.
Proprio l’osservazione diretta dei gatti che mi hanno accompagnato nella mia vita mi ha fornito molte intuizioni e molte spiegazioni su quel che mi succedeva e sul mio comportamento di quando ero bambino: quando il gatto arriva in un ambiente nuovo la prima cosa che fa è concentrarsi a percepire tutti i rumori che ci sono, poi cerca dei punti di vista per osservare l’esterno; quando il gatto riesce a correlare ciascun rumore ad un fenomeno, allora si tranquillizza e si può dire che il gatto si è “ambientato”. Naturalmente il gatto continuerà a sondare i rumori presenti e cercherà di dare una causa a ogni nuovo rumore e di capire se vi è pericolo o meno.
Il comportamento dei bambini ipersensibili con le percezioni extrasensoriali è così, come quello dei gatti con i rumori, ma non da subito: da neonati fino a quando cominciano a gattonare sono totalmente in balia degli altri e se una percezione terrorizza si imprime nel più profondo inconscio, anche perché nella quasi totalità dei casi gli adulti non capiranno cosa succede o negheranno anche a se stessi che possa trattarsi di questo tipo di cose.
Poi con la possibilità di muoversi nello spazio, e soprattutto quando può camminare e correre, il bambino si comporta come il gatto descritto prima. Quindi aguzzerà la sensibilità delle sue “antenne” in modo da sentire per tempo l’eventuale pericolo e cercare una via di scampo.
Questa attitudine in un soggetto nato già con una ipersensibilità avvia un processo di feed-back per cui l’ipersensibilità di base è progressivamente amplificata.
Normalmente l’ambiente adulto circostante è ostile e refrattario a capire cosa succede al bambino che raggiunti i sei-sette anni avvierà un processo di progressiva “razionalizzazione” di quando gli succede cercando di spiegarselo in qualche modo, pur non sapendo dove mettere questa cosa dentro di sé. Ho letto una testimonianza agghiacciante su una bambina ebrea di Venezia che poco prima dell’inizio della deportazione degli ebrei italiani disse alla madre, e a una conoscente non ebrea autrice della testimonianza, di “sapere” che sarebbero venuti degli individui cattivi che li avrebbero presi con le armi per mandarli a morire lontano; i genitori non credettero alla percezione della figlia che si rassegnò e qualche mese dopo furono tutti portati in un campo di concentramento dove la bambina fu la prima ad essere uccisa.
Oppure il bambino ipersensibile reagirà all’ostilità dei genitori dicendosi che “non deve” percepire e si sforzerà di “non accorgersi” di sentire delle cose in modo di non incorrere nella disapprovazione che coll’aumentare dell’età diventa sempre più forte. Quando è stato il mio momento ho scelto questa seconda strada e non ho detto più niente di quel che percepivo.
Non si tratta di “amichetti immaginari” con cui dialogare per non sentirsi soli, ma di campi elettromagnetici reali e di svariata natura, compresi quelli del proprio corpo, che trasportano informazioni.
Se quando ero bambino io si aveva a che fare praticamente quasi solo con i campi elettromagnetici naturali, da una ventina d’anni si sono aggiunti anche talmente tanti campi artificiali prodotti dalla tecnologia che è impossibile prescinderne dato che formano l’ambiente elettromagnetico in cui vive il bambino. L’impossibilità di decodificarli e il possibile spavento sono perciò aumentati esponenzialmente.
Quando si interrompe il feed-back che mantiene e incrementa la percezione, ci si rende “sordi” alle percezioni come se un gatto si mettesse i tappi nelle orecchie per non sentire rumori che possono inquietarlo non sapendo da cosa provengono; si rimuove la consapevolezza di “sentire” a questo livello ma non ci si tolgono le “antenne” che restano comunque attive.
Questa rimozione fissa in modo più deciso nell’inconscio quello che si percepisce comunque e questo materiale riaffiora poi come sogno o incubo.
A questo punto si presenta un altro fenomeno molto subdolo: l’assuefazione.
Le cose nocive assunte in vari modi, se non sono letali, provocano un forte malessere che è il segnale del fatto che la loro assunzione è molto pericolosa e perciò devono essere rigettate, espulse, con un processo doloroso ma di breve durata che, se sopportato, porterà al ristabilirsi delle condizioni di benessere iniziale.
Ma se la quantità della cosa nociva diminuisce o l’organismo diventa un po’ più forte e sopporta meglio l’ “avvelenamento”, questo innesca il terribile processo per cui ci si abitua ad assumere piccole quantità di “tossici” potenti che non ci fanno più stare malissimo come all’inizio ma creano un malessere continuo e diffuso, cronico, che in breve tempo non riusciamo più a correlare con l’assunzione di quella cosa nociva o di quei “tossici”. Ci siamo assuefatti, e intossicati.
Deve essere un meccanismo evolutivo messo in atto per adattarsi a sopravvivere anche in condizioni avverse.
In fondo alla Biosfera di questo pianeta, intesa come ecosistema globale, importa fondamentalmente che non si perda la differenziazione delle specie e quindi l’essenziale è che gli individui di ciascuna specie riescano a riprodursi per mantenerla in vita, perciò una assuefazione ad un “tossico” assunto pur di sopravvivere potrebbe essere funzionale a far arrivare l’individuo all’età riproduttiva ancora abbastanza in salute per riprodursi anche se poi l’accumulo di tossine porterà velocemente l’individuo ad ammalarsi e a morire. Un meccanismo che salva la specie in condizioni estreme, ad esempio dove per mutamenti climatici l’unico cibo rimasto a disposizione fosse dannoso a quella specie, ma non letale. Da qui prende avvio probabilmente anche l’ampliamento della nicchia ecologica fino a diventare “onnivori” che non vuol dire che quel che si mangia per sfamarsi e tirare avanti faccia anche bene, come nel caso dell’adattamento a mangiare derivati dei cereali da parte dei cani, che sono carnivori, che provoca il conseguente aumento delle patologie con l’abbreviarsi della loro vita.
Il processo di assuefazione avviene anche con quello che si assume a livello psichico come: immagini, suoni, elettromagnetismo naturale e artificiale e le relative informazioni, e perciò anche con la percezione ai campi magnetici e elettromagnetici dei bambini ipersensibili che crescendo si “abituano” a sentirli, se ne spaventano sempre meno e riescono a far finta di niente, come del resto avviene per molte altre cose della vita.
A questo punto si è “fregati”: deve succedere qualcosa di imprevisto e “violento” perché ci si svegli dalla situazione di torpore a cui porta l’assuefazione, oppure si va alla cronicità e al malessere costante e continuo. Rispetto all’ipersensibilità questo destino è grave, perché un ipersensibile che arriva alla fase estrema di cronicità nel percepire senza rendersene conto può essere descritto come uno schizofrenico.
Complice l’attitudine degli adulti a espellere dal loro gruppo di potenziali relazioni ogni “diverso”, crescendo ci si deve difendere in modo molto efficace e consapevole, altrimenti si è facilmente additati come “pazzi” e esclusi, o a volte anche “reclusi”.
Di conseguenza la situazione di un ipersensibile è sempre molto “tragica” sia da bambino, sia quando cresce.
Film come “La casa degli spiriti”, “Sesto senso” o “Shining” (Lucida visione) mostrano dei frammenti di questa “tragicità”, quei frammenti già sdoganati dalla letteratura, che nel vissuto personale è comunque sempre più generale e complessiva, anche nella difficoltà a farsi aiutare trovando nella maggior parte dei casi esperti nelle relazioni d’aiuto che non la riescono a capire.
All’adulto ipersensibile rimane il frutto del feed-back infantile tra dotazione genetica e ricerca dell’ampliamento della percezione per difendersi, frutto che è una grande sensibilità ai campi magnetici e elettromagnetici, una ipersensibilità che lavora molto nell’inconscio e produce effetti più o meno devastanti a seconda di quanto l’individuo ne è consapevole.