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I NURAGHE, TEMPLI DELL’UNIONE TRA FEMMINILE E MASCHILE?

I NURAGHE, TEMPLI DELL’UNIONE TRA FEMMINILE E MASCHILE?

veduta aerea nuraghePERCEZIONE INTUITIVA E ANALISI GEOBIOFISICA E GEOBIOLOGICA DEI SITI NURAGICI “SANTU ANTINE” DI TORRALBA E “LOSA” DI ABBASANTA

Nel luglio del 2009 io e mia moglie Marilinda eravamo andati in Sardegna con l’intenzione di visitare e analizzare alcune Tombe di Giganti, date le molte richieste di pareri rispetto alle loro presunte proprietà energetiche “guaritive” che avevo ricevuto da parte di persone che vi erano state, e per vedere il Pozzo di S. Cristina che mi aveva colpito, nelle foto, per la sua incredibile raffinatezza architettonica.
Alla fine del viaggio abbiamo scoperto con sorpresa quanto ci avesse colpito e intrigato il nuraghe “Santu Antine” la cui visita ci ha stimolato una rinnovata curiosità verso i nuraghe.

Molti anni addietro, prima di occuparmi di geobiofisica, avevo visitato il complesso nuragico di Barumini che mi era stato presentato come una “reggia” nuragica fortificata col suo villaggio attorno, e non ero rimasto molto entusiasta (per via forse della mia allergia alla guerra) della visita guidata tutta enfatizzata sulla celebrazione della grande “reggia-fortezza”. Così mi ero centrato sull’idea di visitare le Tombe di Giganti e i Pozzi Sacri e nella pianificazione del viaggio avevo trascurato completamente i nuraghe, considerandoli appunto torri di avvistamento o “fortezze”, cioè siti per me poco interessanti. Mia moglie, invece, non avendo ancora mai visto alcun complesso nuragico, mi aveva chiesto di visitare almeno i nuraghe che avremmo incontrato sulla strada così avrebbe potuto farsene un’idea. Quindi abbiamo scelto di visitare il “Santu Antine” e il “Losa”, due dei più importanti nuraghe sardi, che erano sul nostro percorso. Per fortuna.

La “percezione intuitiva” dei siti archeologici, “arte applicata” che esercito con l’aiuto di mia moglie dal 1994 quando andammo a visitare Creta; si può spiegare come la capacità di entrare in contatto con i luoghi, fermandosi in “ascolto”, ma anche toccando realmente i materiali che li compongono, in una modalità aperta alle sensazioni e concentrata; una modalità che vede l’equalizzazione dei due emisferi cerebrali per cui la razionalità e l’irrazionalità si bilanciano; quindi non si tratta di “trance” o di altri fenomeni “sciamanici”, ma di un affiorare consapevole di immagini in relazione al luogo in cui si è.

Del resto ci sono abituato perché questa modalità è molto simile all’attitudine in cui ci si deve porre in analisi geobiofisica per percepire lo scambio energetico del terreno e descriverne gli effetti: tutto il corpo partecipa alla percezione, non solo la mente, sebbene eventuali immagini si formino ovviamente su uno schermo mentale. Tutte le sensazioni che affiorano e tutte le parti del corpo che le provano sono memorizzate: caldo, freddo, tensione, rilassamento, ansia, accelerazione, rallentamento, leggerezza, appesantimento e nella loro successione o mutazione vanno a comporre l’analisi dello scambio energetico percepito, o in questo caso il contesto in cui collocare le immagini che affiorano. Queste per me sono “pescate”, come nei sogni, nel mio bagaglio di immagini memorizzate, e tra quelle di cui dispongo rappresentano le immagini più simili all’informazione che percepisco nei luoghi e nei materiali costruttivi, quindi sono quelle più adatte a “tradurre” quelle informazioni in immagine.

Altro (e conosciuto) problema è poi trasformare le immagini affiorate in descrizioni utilizzando il linguaggio. Questi due fattori legati alla percezione e descrizione delle immagini “intuite” possono far sì che pur con la medesima capacità percettiva due persone diverse, nello stesso posto, diano descrizioni differenti, ma se le due persone evitano di caricare ideologicamente (e in questo includo le conoscenze culturali e soprattutto le idee religiose) la loro percezione e sanno andare alla base profonda delle informazioni percepite, si otterranno sempre descrizioni molto simili nella sostanza anche se magari leggermente differenti nella forma.
Col gruppo degli esperti di GEA lo abbiamo potuto sperimentare più volte, e abbiamo potuto appurare anche la distorsione provocata dalle convinzioni ideologiche quando – ad esempio – l’unico presente fissato con gli UFO li vedeva ovunque, anche dove la cosa faceva francamente sorridere, mentre nessuno degli altri ne accennava affatto e le loro percezioni, rese ciascuno sul proprio foglietto, lette insieme alla fine si mostravano come tessere di un mosaico il cui disegno complessivo era perfettamente intelleggibile, mentre la tessera con gli UFO ne era (appunto) “aliena”.

Io e mia moglie non abbiamo origini sarde, amiamo la Sardegna, ma non partecipiamo né a ideologie sardiste, né a preconcetti antisardi di alcun tipo e, pur essendoci già stati, ben poco sapevamo all’inizio sulla storia antica della Sardegna; per questo le nostre “percezioni intuitive” non sono state in alcun modo inquinate dai vari, e spesso opposti, sistemi di pensiero formulati a proposito della storia degli antichi Sardi; e per questo – non avendo nulla da dimostrare o da difendere – possiamo portare serenamente queste percezioni a conoscenza degli interessati, per quel che sono e con i riscontri che siamo riusciti a trovare, a posteriori, nella letteratura.
In questa attitudine percettiva si deve aver presente tutto il corpo e allo stesso tempo essere rilassati, cosa non facile in una visita turistica, perciò ci prendevamo lo spazio per una nostra visita approfondita e solitaria approfittando dell’ora di pranzo e del fatto che per fortuna nei primi giorni di luglio c’erano ben pochi visitatori.
Non vi è niente di magico o esoterico quindi in questa “percezione intuitiva”: tutti ne hanno in qualche modo esperienza anche se questo affiorare di immagini riesce meglio, anzi a volte viene spontaneamente, a chi è ipersensibile, mentre alla maggior parte delle persone restano solo generiche “sensazioni” date dai posti, sensazioni che però molto spesso sono identiche anche in persone diverse per cultura e Paese di provenienza.

Le “percezioni intuitive” che abbiamo provato nei nuraghe ci sono venute senza che noi avessimo la conoscenza degli studi archeologici e delle ipotesi fatte dai ricercatori, proprio perchè non ce n’eravamo interessati prima del viaggio.

Molte notizie qui riportate le ho trovate successivamente nei libri acquistati per cercare di soddisfare la curiosità che le visite a questi nuraghe e agli altri antichi monumenti sardi mi avevano suscitato.
È vero che, sebbene non mi fossi informato preventivamente sui nuraghe credendoli simili ai castelli medievali, io non sono proprio una “tabula rasa” in materia di archeologia poichè sinora ho visitato sia alcuni siti conosciuti e di interesse generale, sia alcuni siti particolari e sconosciuti come i cerchi di pietre archeoastronomici analizzati con GEA in Liguria, inoltre ho letto vari libri di studiosi che si sono applicati alle religioni antiche, per cercare lumi sull’antica religione della Grande Madre Terra, dato che occupandomi di percezione geobiofisica mi premeva capire se anche i popoli antichi ne sapessero qualcosa. Queste conoscenze generali, da autodidatta, mi danno gli strumenti che permettono di muoversi in questo ambito senza compiere gli errori più grossolani, esattamente come ho fatto per la geologia, assieme al gruppo di amici con i quali abbiamo fondato l’Istituto GEA.
Nell’analisi geobiofisica dell’ambiente le conoscenze generali in materia di geologia e geofisica sono essenziali per riuscire a “tradurre” le percezioni in qualcosa di sensato, che non è proprio così semplice. E questo è valido anche per la “percezione intuitiva”.
É chiaro che queste mie conoscenze potrebbero aver “guidato” inconsapevolmente la descrizione della percezione avuta nei nuraghe. A questo però non mi è possibile mettere rimedio. Ritengo preferibile avere un contesto valido in cui porre le “percezioni” in modo che possano avere qualche senso, piuttosto che non possedere alcun contesto e sparare le assurdità che si leggono troppo spesso e che purtroppo sono state proposte anche in trasmissioni televisive molto seguite.
L’amico Adriano Barcelloni Corte leggendo la bozza di questi articoli sulla Sardegna mi ha invitato però a non farmi troppe illusioni demolendo drasticamente i miei tentativi di avere dei “riscontri a posteriori” e devo ammettere che ha perfettamente ragione: “la mia parte più scettica (che con l’età tende sempre più a rafforzarsi), nonostante la vostra manifesta consapevolezza, ed i conseguenti sforzi ed accorgimenti per evitare che succeda, tende a cogliere la possibilità che le vostre indagini siano state comunque viziate da una ricerca di conferme di tipo emotivo/sensitivo/irrazionale ad ipotesi storiche che avrebbero invece necessità di conferme documentali. Ovviamente il bagaglio culturale, cognitivo ed esperienziale tuo e di Marilinda pesano e incidono, e quel che appare è una sintesi tra esperienza sensibile e ragionamenti logici, induttivo-deduttivi, in un intreccio che può portare a un po’ di confusione tra due piani che, per esser scientificamente sostenibili, dovrebbero procedere in modo indipendente. Se a riscontrare la situazione energetica e a “vedere” o percepire gli utilizzi passati dei siti fosse stato un “sensitivo” del tutto digiuno di archeologia e storia che avesse poi riferito la sua esperienza, allora sì la sintesi conseguente avrebbe avuto una serie di riscontri “a posteriori” davvero convincente, pur come mera ipotesi. Per questo non so se valga tanto la pena di insistere sugli aspetti di metodo, pur apprezzabili, finalizzati a dare una certa scientificità che non sarà mai riconosciuta dagli storici e che invece potrebbe far sorridere gli scettici.”
Chiarito questo, e assodato che sarà molto difficile per me avere mai a che fare con un sensitivo del tutto digiuno di archeologia e storia, posso passare a raccontare cosa abbiamo percepito. Per facilitare la lettura, indicherò in verde le parti relative alle percezioni intuitive e alle immagini affiorate.

Il nuraghe “Santu Antine” di Torralbas antine dall'alto in cartello copia
Il sito nuragico per noi più stimolante dal punto di vista dell’affioramento di immagini è stato senz’altro il “Santu Antine”, ma anche gli altri nuraghe creavano una specie di predisposizione a questo tipo di percezione e quindi hanno fornito esperienze ricche di sensazioni e immagini.
Al “Santu Antine”, forse per l’orario di pranzo, avevamo trovato solo un paio di persone. Meglio così. La nostra modalità preferita è sempre e dovunque quella di andare prima a vedere il sito, registrare le nostre impressioni, e poi comprare eventuali guide che ne parlano. Entrati nella corte interna del complesso mia moglie ha subito notato che si presentano alla vista sette porte simmetriche: al centro l’ingresso alla torre centrale, una porta rialzata e due al piano per ciascun lato, e dando appena un po’ di rilievo al numero sette, già stava immaginando che l’ingresso che stavamo per imboccare, al centro, potesse essere legato a qualche simbologia relativa al quarto centro energetico (essendo al centro non occorreva sapere da dove iniziasse l’eventuale simbologia) e non c’era proprio alcun sentore di entrare in una “fortezza” militare.
Appena entrati nella torre centrale del “Santu Antine” abbiamo avuto la sensazione netta che ci si stava proprio bene: è un inno alla vita mi è venuto da pensare, altro che guerra!
Questo inizio può dare l’idea della differente attitudine che abbiamo nella visita di un sito rispetto alla classica modalità “turistica”: eravamo appena entrati in una alta cupola dove la vista faticava ad abituarsi alla penombra, provenendo dal sole accecante dell’esterno, ed è difficile anche per me capire come – in quelle condizioni – mi sia affiorato un pensiero così, ma ho imparato che in questi casi la mia prima impressione è spesso la chiave di tutto ciò che viene dopo. L’unica spiegazione che potrei darmi razionalmente starebbe in una lettura inconscia della forma del vano in cui ero entrato, lettura che potrebbe essere andata in risonanza con alcuni archetipi e con la mia esperienza intrauterina; non avevo ancora gli occhi abituati alla poca luce e quindi per me c’era quasi buio; tale lettura inconscia potrebbe essersi mescolata alla percezione dello scambio energetico in emittanza del terreno e dei blocchi di basalto delle pareti.
Riporto questa ipotesi di spiegazione solo perchè questo potrebbe essere proprio l’effetto voluto dai costruttori per chi entra. E pensare che fino a quel momento avevo solo informazioni che parlavano di fortilizi difensivi o di regge di guerrieri!
I grandi corridoi interni al nuraghe sconvolgono per il pathos che mettono adosso e mi davano l’impressione di s antine corridoio 3 copiacamminare dentro al ventre della Terra. Mi è venuta in mente Tirinto, visitata ormai troppi anni fa, e ho pensato che anche lì parlavano di “fortezza”, ma chissà, a questo punto, che idea me ne potrei fare visitandola nuovamente.
Le più forti intuizioni percettive mi sono venute nella torre centrale. Al piano terra mi affiorava l’idea che avvenissero dei riti rivolti a tutti, oppure iniziali di un percorso, e si è formata l’immagine di gente che vi accedeva a piccoli gruppi. Al piano primo, dove c’è un sedile a contorno come nelle cosiddette capanne delle riunioni, mi aveva colpito una nicchia frontale dove mi affiorava l’immagine di una donna che sedeva ed era la persona più importante – e un vano laterale dove nella percezione c’erano molti oggetti dati in offerta (nella realtà ora è un vano vuoto). L’impressione era che qui si svolgessero invece dei riti ristretti ad una cerchia. La scala è in senso orario e arriva al primo livello con una rotazione di 360°. Questo per me significa simbolicamente che doveva essere salita per progredire di un livello. Fuori dalla torre centrale, al primo piano, c’è una stanza con la cupola in parte ancora eretta, posta sulla sommità di una delle tre torri che formano il triangolo (mi sembrava proprio quella a Nord): in questa stanzetta si percepisce in modo ancora forte l’accoppiamento rituale, destinato solo ad alcuni, o proposto dopo un percorso iniziatico. Mia moglie lo ha sentito per prima e anche a me è sembrata una “memoria” molto forte ed evidente di quel luogo.
Mentre il pozzo nella corte, profondo ben 20 metri, mi era sembrato funzionale ad avere acqua da beres antine pozzo esterno dall'alto copia, quello interno alla torre nord mi è subito sembrato rituale; in quel momento non avevo ancora visto dal vero alcun Pozzo Sacro ma dopo averli visti, non posso non legare questo pozzo ai Pozzi Sacri, confermando la mia intuizione:
la scala d’accesso e la forma a ciambella delal vasca intorno mi hanno richiamato immagini di abluzioni molto simili all’idea che abbiamo del battesimo nel primo cristianesimo, quindi abluzioni con valore sacro, fatte per lavare via i pesi del passato e “rinascere a nuova vita”, o qualcosa del genere.s antine pozzo interno copia
Non ci si immergeva solamente, ma si deambulava nella vasca circolare costruita attorno al pozzo vero e proprio, entrandovi da una parte della torre e uscendovi dall’altra. La costruzione del sito nuragico in quel punto dipende senz’altro dalla presenza di quest’acqua e dalla capacità tecnologica di raggiungerla scavando per circa 20 metri.

losa Pier data copiaDopo aver concluso la visita all’interno del complesso nuragico, ci siamo fatti l’impressione che la struttura compresa nel triangolo di mura fosse stata progettata unitariamente, con un disegno preciso, mentre la torre esterna al triangolo ci sembrava costruita alcuni secoli dopo. Infatti, l’età dei lavori da me stimata percettivamente è stata di 3900 anni per la torre centrale e per la torre nord;
di 3500 anni – invece – per la torre esterna all’ingresso e per la cosiddetta “capanna delle riunioni”. In queste datazioni “intuitive” che si eseguono toccando punti lavorati dei materiali, è possibile raggiungere un’indicazione di massima del periodo in cui è stato fatto il lavoro che si analizza, cioè di quando è stato eretto il manufatto. Non ho datato percettivamente altre strutture del nuraghe e me ne rammarico dato che adesso so che gli archeologi ritengono il muro di contorno e le altre torri più recenti di quella centrale, ma in quel momento non ne sapevo niente.
Tornati nel cortile interno abbiamo visto il pannello di spiegazione con la mappa del piano terra, che all’inizio ci era sfuggito, presi dallo stupore per quanto vedevamo davanti a noi. La mappa ci ha colpito e “bloccato” portandoci ad analizzarla attentamente.

sovrapp Santu Antine

sovrapposizione (in rosso) dello schema dell’apparato riproduttivo femminile

s antine planimetria rovescia copia

foto a rovescio della planimetria del nuraghe Santu Antine con la torre Nord in basso

Dapprima abbiamo cercato di ricostruire sulla mappa i percorsi che avevamo fatto;
poi ci siamo accorti che la forma triangolare era significativa e mia moglie ha detto che le sembrava un pube femminile; a questa frase mi si è aperta una “finestra” intuitiva e ho visualizzato la mappa rovesciata col Nord sotto, come nel Feng-Shui degli antichi Cinesi: ho fotografato il cartello e guardato la foto a rovescio e a quel punto mi era chiara l’immagine di un ventre femminile, il disegno mi si “svelava”. In questa “visione” suggestiva la prospettiva da cui si guarda è quella degli antichi cinesi con il Sud sopra. Visto così l’ingresso a Sud simboleggia l’ombelico; le due torri a sudest e sudovest riproducono le ovaie; la torre centrale – che con il corridoio forma una raggiera come un centro che irradia energia – è l’utero, la “fabbrica” della vita, e anche il secondo centro energetico del corpo. Più precisamente è un utero dilatato dalla presenza di un feto, e questa impressione di utero dilatato di donna incinta si ha anche all’interno delle stanze a cupola. La torre a nord, dove non a caso c’è il pozzo, è la vagina, infatti è anche l’unica torre provvista di una porta esterna che a questo punto mi sembrava un’uscita, più che un ingresso, pensando ad un percorso spirituale di rinascita collegato ad uno materiale all’interno del complesso nuragico che finiva con l’uscita dopo l’abluzione nel pozzo sacro della torre nord a simboleggiare una rinascita bagnata da acque sacre. I corridoi sembravano funzionali ai collegamenti interni per questo percorso rituale ma pareva volessero indicare anche i canali di collegamento anatomici tra le parti. Insomma la nostra percezione ci ha portato a ipotizzare di essere in un “santuario” della generazione e rigenerazione della vita realizzato a forma di ventre femminile fecondato.

losa mensoloni per spalto terrazza copia

mensoloni di sostegno allo spalto sporgente

la torre dei tarocchi

la carta dei tarocchi chiamata “La Maison Dieu” la casa del dio

Se ci viene una percezione così netta di solito significa che, oltre ad esservi dei simboli molto efficaci, un certo utilizzo degli spazi è stato ripetuto, uguale, per molti secoli. Gli eventuali altri utilizzi più tardi, accumulati sopra quello originario, non sono immediatamente percepiti pur essendo più recenti perché non hanno lasciato tracce così forti .
Sul pannello, vicino alla pianta del nuraghe, c’erano delle sezioni e una ricostruzione in alzato. Il disegno della sezione della torre centrale proposto dagli archeologi è un tronco di cono con una cupoletta in cima e una terrazza ad “anello” con uno spalto sporgente sorretto da mensoloni. Ci è tornato in mente il pensiero che avevamo formulato sulla forma del nuraghe, e cioè che sia un insieme di un simbolo maschile sotto (il tronco di cono) con un simbolo femminile sopra (la “bacinella” formata dalla terrazza con i mensoloni e gli spalti: una sezione concava molto chiara simbolicamente). Per noi la cupoletta finale nella realtà non c’era mai stata, e questo è confermato dalle riproduzioni di nuraghe in bronzo e in pietra, e il nuraghe aveva la torre centrale a tre piani con la terrazza sopra. Le torri, soprattutto quella centrale, ci richiamavano la carta dei tarocchi(1) cosa che subito ci sembrava un riferimento banale mentre ora, dopo aver rivisto alcune riproduzioni della carta tradizionale della Torre, chiamata “Casa del Dio”, capisco come fosse l’affioramento di una forte analogia.
Tali speculazioni sulla forma del nuraghe ci erano sorte intuitivamente qualche giorno prima, nella “capanna delle riunioni” del nuraghe “Palmavera” dove al centro c’è la riproduzione di una statua in pietra Schermata 2020 11 04 alle 22.57.55di nuraghe. Eravamo da soli seduti all’ombra a guardare questa statua. Mia moglie aveva accennato alla simbologia fallica della torre troncoconica e a qualcosa che però non la convinceva riguardo al “modellino” che avevamo davanti; io ad un certo punto ho intuito che quello che non tornava era la sommità, che non c’è nel nuraghe reale e che non avevamo possibilità di vedere nella realtà poichè era stata distrutta in tutti i nuraghe: questa parte sommitale concava per me “contraddiceva” parzialmente la simbologia fallica. Mia moglie allora aveva precisato che il tronco di cono le sembrava fallico mentre la sommità era chiaramente femminile; a questo punto mi era venuta l’intuizione di “femminile sopra il maschile” che mia moglie ha accettato come sintesi anche delle sue percezioni.
Mia moglie è una psicologa, e in questo procedimento non si tratta di frasi buttate lì, ma dell’uso consapevole del pensiero analogico e delle simbologie; in questo la presenza di mia moglie è stata molto preziosa.
La nostra idea in fondo è che la società che ha costruito i nuraghe avesse raggiunto un buon equilibrio tra femminile e maschile immettendo in una base agricola matrifocale molti elementi maschili, anche provenienti dalle culture “indoeuropee” del continente. Un po’ quello che dev’essere successo a Creta negli anni dello splendore minoico e della sua talassocrazia. La credenza nella rinascita individuale a condizione di sottoporsi a precisi rituali da vivi e dopo morti è condivisa da tutte le culture agricole neolitiche, dalla Gran Bretagna al Danubio, all’Indo, e si accompagna alla devozione alla Grande Dea Madre Terra nelle sue tre forme: la vergine, la madre col bambino e l’anziana. E’ una dea “una e trina”, e rappresenta la forza generatrice e creatrice del pianeta, percepita come qualcosa di sacro e trascendente, più che compresa razionalmente. E’ la prima e originaria forma di monoteismo che l’umanità evolvendo ha creato culturalmente sostituendo agli innumerevoli “spiriti” delle forme naturali pensati dai cacciatori-raccoglitori questa dea trina dei primi agricoltori.
cartello s antine copiaUsciti dall’edificio abbiamo rivisto la torre posta a guardia dell’ingresso e ci è affiorata “intuitivamente” questa motivazione per la sua costruzione: in tempi successivi le sacerdotesse dovevano essere difese da possibili aggressori che non le rispettavano. Poi abbiamo fatto un giro per i resti del villaggio e ci sono affiorate queste sensazioni: il villaggio era solo in parte un abitato di residenti fissi, mentre molti spazi erano residenze temporanee per i “pellegrini”, più che altro si tratta di un annesso residenziale di un enorme santuario.

Riguardo all’analisi geobiofisica del posto, composta dall’interpretazione dei dati cartografici e della percezione dello scambio energetico:
dalla mappa del CNR “Progetto Finalizzato Geodinamica: Structural Model of Italy” si vede che la situazione geologica generale della zona è di una massa continentale inclusiva di rocce vulcaniche, principalmente basalti; il sito nuragico si pone al confine tra i depositi marini e un’inclusione di rocce basaltiche alcaline;
la situazione geologica particolare del sito, rilevata sul Foglio 193 “Bonorva” della Carta Geologica d’Italia, è di un avvallamento riempito di materiali alluvionali fluviali in forma di ciottolame grossolano talora cementato; dalla sezione geologica più vicina al sito si può vedere che sotto ai sedimenti vi sono rocce vulcaniche come tufi vulcanici e ignimbriti; si tratta di una zona vulcanica in cui vi sono molti antichi camini vulcanici (i più vicini sono M.te Pelao e M.te Annaju) da cui l’effusione di basalti subito a sud-sudest;
la situazione strutturale (geofisica) della zona, rilevata sulla mappa del CNR “Progetto Finalizzato Geodinamica: Structural Model of Italy”, è caratterizzata dalla linea di confine tra i depositi marini (assorbanza) e i basalti (emittanza); la faglia cartografata più vicina in linea d’aria è a circa 2500 metri, altre faglie portanti sono a 3500 e a 4500 metri dal sito.
Il sito è quindi troppo lontano dall’influenza di queste faglie perchè la sua connotazione energetica sia determinata dalla loro presenza (sebbene diano un lievissimo rilascio distensivo atutto il territorio) ed il suo scambio energetico ha una valenza praticamente “neutra”. Di conseguenza il maggiore gradiente energetico all’interno del sito nuragico, che è in lieve emittanza, deve essere dovuto principalmente alle caratteristiche dei materiali litologici di cui è composto e da una spinta dal basso verso l’alto probabilmente dovuta alla presenza di paleovulcanismo minore non cartografato.
Nel territorio del sito in generale vi è una situazione “neutra” in cui l’emittanza(2) del substrato vulcanico è compensata dall’assorbanza dei depositi alluvionali, sebbene si possa percepire una lieve distensione dovuta alle faglie che circondano il sito da lontano. Forse per l’apporto della forte emittanza delle pietre basaltiche di cui è costruito, all’interno del nuraghe si percepisce un aumento dell’emittanza che si traduce in un aumento del proprio tenore “energetico” non accompagnato da tensione muscolare e che predispone anzi al rilassamento. Restando un certo tempo all’interno del complesso nuragico queste sensazioni aumentano di intensità. La situazione è quindi di calmo benessere attivo.

L’analisi geobiologica che ho eseguito solo nella torre centrale ha messo in evidenza che al centro dell’area interna alla torre vi è un punto di massima intensità del reticolo energetico parallelo al Nord, detto di Hartmann. Questo è un dato interessante perché è un ulteriore sostegno all’ipotesi, formulata da noi dell’Istituto GEA molti anni addietro, che le popolazioni antiche conoscessero queste forme di energia reticolari, riscoperte ai nostri tempi dalla Geobiologia, e in molti casi ne tenessero conto nell’edificare gli edifici sacri.
Cercando di determinare il Nord magnetico con una bussola professionale, ho rilevato delle deviazioni significative della direzione dell’ago rispetto all’esterno, e ciò è senz’altro dovuto all’influenza delle pareti basaltiche del nuraghe.
A livello di microclima, pur in un periodo di sole accecante e di gran caldo, nonostante la massa scura dei blocchi di basalto potesse fare da “pannello solare termico”, all’interno del nuraghe la temperatura dell’aria era ottimale, né vi era mai la sensazione di ristagno d’aria, e questo contribuiva ulteriormente alla sensazione di benessere.

Il nuraghe “Losa” di Abbasantalosa dall'alto in cartello copia
Anche il nuraghe “Losa”(3) è trilobato ed ha una pianta simile al “Santu Antine”, ma più semplice. Ha lo stesso orientamento con uno dei vertici a nord, con una declinazione di circa 10° verso ovest; ha la stessa porta sulla torre a nord. Anche qui abbiamo una torre a guardia dell’ingresso. Nella torre centrale è ricavata una scala che porta al piano superiore dove la torre centrale si collega con le altre torri, e specialmente con quella a nord che non comunica al piano terra, mancando qui il cortile.
Dalla planimetria si vede che le due torri a sud comunicano fra di loro e con quella centrale riproponendo lo schema delle ovaie e dell’utero. Invece la torre nord non comunica con il resto della costruzione dal basso ma (comunicava) solo dall’alto; la sua porta ha lo stesso orientamento a nordest e, più che un ingresso, mi sembra sempre un’uscita dopo un percorso rituale comunque abbastanza articolato.
Il complesso nuragico trilobato è ulteriormente difeso da una muraglia munita di torrette e porte che racchiude una superficie di tre ettari e mezzo e che rappresenta sicuramente il sistema difensivo dell’insediamento. Un sito WEB del Ministero per i Beni e le Attività Culturali(4) riporta che l’antemurale e il recinto si datano al nono-ottavo secolo a.c.; nella planimetria non vanno quindi letti come parte della struttura originaria del complesso nuragico, confermandone la forma a pube femminile.
La similitudine con il “Santu Antine” continua a livello percettivo poichè anche questi spazi interni stimolano molto l’affiorare di percezioni intuitive: entrando nella torre centrale si ha una sensazione di benessere con una carica energetica più elevata: rispetto all’esterno l’energia personale aumenta in misura maggiore che al “Santu Antine”.

Il nuraghe sorge infatti su un altopiano basaltico (sulla mappa del CNR “Progetto Finalizzato Geodinamica: Structural Model of Italy” si hanno basalti alcalini e vulcaniti) e, pur essendo più lontano dalla prima faglia portante presente in zona rispetto al “Santu Antine”, ha uno scambio energetico più elevato in emittanza, dovuto quasi esclusivamente alla roccia basaltica del substrato.
In questo nuraghe la mia percezione si è focalizzata in modo quasi automatico sulla ritualità che si svolgeva al piano terra della torre centrale e le immagini che mi sono affiorate erano relative all’esposizione del sesso femminile come momento sacro. Non sorridete: è un rito accertato dagli studiosi(5) e comprovato da numerose raffigurazioni, alcune delle quali addirittura poste ad ornamento di chiese romaniche inglesi e irlandesi(6). L’aver saputo di queste raffigurazioni sulle chiese romaniche potrebbe aver “guidato” la mia percezione, ed è questo l’unico vero problema a riguardo.
Invece una differenza con il “Santu Antine” è data dal fatto che l’entrata della torre centrale è allineata su una “parete” del reticolo energetico diagonale al nord (detto di Curry), invece che su una “parete” del reticolo parallelo al nord, ma anche qui il reticolo energetico forma un “incrocio” al centro della cupola.
La datazione “intuitiva” della torre centrale mi è venuta di 3600 anni circa, mentre per la torre esterna all’ingresso di 3100 anni. L’antemurale con due torri addossato al lato ovest-nordovest del nuraghe ci appariva decisamente più recente del complesso nuragico trilobato, ma non ho eseguito la datazione intuitiva. L’idea che suscita questo antemurale turrito è chiaramente di una struttura difensiva; non siamo riusciti a distinguere percettivamente se si trattasse di difendere il santuario da popoli nuovi arrivati, come ci era venuto da pensare al “Santu Antine”, oppure di una trasformazione in senso militare dell’intero complesso nuragico ad opera di queste nuove popolazioni.
I primi contatti con i Popoli del Mare avvennero sulle coste meridionali e dovrebbero risalire circa al 15° secolo a.c., per diventare poi un’occupazione stabile della costa verso il 12° secolo a.c.(7) quindi sarebbero contemporanei alla costruzione del complesso nuragico “Losa”, che si trova però molto all’interno del territorio sardo.
Sta di fatto che in queste torri esterne, al contrario che all’interno del complesso nuragico trilobato, abbiamo avuto la percezione del pericolo e dell’utilizzo guerriero, sebbene non siano affiorate immagini di sangue o violenza, come se in queste fortificazioni in realtà non si fosse mai combattuto.

Conclusioni
Rimanendo sempre in un ambito “ragionevole” a noi è sembrato di poter ipotizzare che il nuraghe nasca come simbolo molto espressivo di unione di maschile e femminile, col femminile sopra, alla fine dell’epoca matrifocale(8), cambiando forse di valenza religiosa nei secoli, ma restando sempre un santuario e un simbolo architettonico chiaramente riconoscibile per le comunità.
Ce ne sono più di ottomila in Sardegna, uno ogni tre chilometri quadrati.
Guardando dall’alto il Veneto si può notare una presenza architettonica diffusa capillarmente allo stesso modo: le chiese, enormi o piccolissime, sono diffuse ovunque nel tessuto paesaggistico e un osservatore potrebbe trarre la conclusione che ogni comunità umana, per quanto piccola, di questa zona abbia voluto avere uno o più di quei monumenti costruendoli così dappertutto. “Alieni” che avessero sorvolato la Sardegna dell’età del bronzo avrebbero sicuramente formulato questi stessi pensieri riguardo ai nuraghe.
Ai tempi del Romanico si costruivano chiese ovunque e la grandezza e l’imponenza delle chiese non era proporzionale al numero di individui presenti nel territorio, ma all’importanza data al sito da tradizioni o leggende, da guarigioni o scongiuri, per cui anche in zone che ai tempi erano pochissimo popolate si possono trovare chiese davvero enormi.
L’edificio “chiesa” medioevale ha una simbologia esteriore e una simbologia interiore, data dalle forme interne, spesso non suggerite da quelle esterne e quindi “inaspettate”. Così doveva essere anche per i nuraghe.
Il cerchio, che è simbolo del Cielo, e la forma trapezoidale col lato corto in alto che genera il tronco di cono, sono simboli maschili e nel “disegno” del nuraghe hanno un posto di prim’ordine, mentre manca completamente il quadrato, che simboleggia la Terra. Visti dall’esterno, “di profilo”, si potrebbero indicare i nuraghe come simboli della divinità maschile che nell’età del bronzo può aver acquisito maggiore importanza, ma la terrazza sommitale con lo spalto sporgente dà al nuraghe la forma di un “calice” aperto di chiara evocazione femminile. All’interno invece è tutta un’altra cosa poichè entrando si vivono spazi avvolgenti, tondeggianti, spesso in penombra, di evidente riferimento al simbolico femminile uterino.
Tutto ciò resta in perfetta sintonia con l’ipotesi primaria che avevamo formulato, di essere di fronte a “santuari della vita e della rinascita spirituale” dove siamo stati bene, e non c’è affiorata alcuna immagine o sensazione di violenza o di morte, come del resto pare non siano stati mai trovati dagli archeologi reperti o segni di guerra e morte (negli strati di epoca nuragica).
Rispetto alla struttura architettonica “nuraghe” abbiamo percepito fondamentalmente la predominanza del femminile che è sopra e due riferimenti simbolici: il maschile prevalente all’esterno nell’alzato della torre, e il femminile prevalente all’interno e nella pianta della costruzione.

Confronto con i dati ufficiali conosciuti
Nonostante i giusti avvertimenti di Adriano Barcelloni Corte, è comunque interessante (e invitiamo a farlo anche chi legge) confrontare queste percezioni intuite da “non addetti ai lavori” con le relazioni degli archeologi e degli esperti e con le loro ipotesi (sempre di ipotesi sitratta, ma sono basate sui reperti).
Per il “Santu Antine” la maggiore discordanza tra le ipotesi degli archeologi e le nostre percezioni, oltre alla classica visione “militare” ufficiale, sembra stare nell’affermazione che la torre centrale sia stata costruita per prima e da sola per poi aggiungervi in un secondo tempo le altre tre torri e le mura che le congiungono, mentre per noi resta impossibile non pensare ad un disegno unitario. Qualche studioso pensa però a successive fasi di costruzione che seguivano un originario progetto unitario e questo potrebbe unificare le due ipotesi.
La datazione ufficiale della torre centrale del “Santu Antine” è del 1800 a.c. (3800 anni fa) mentre per il resto si va dal 1600 al 1450 a.c.
Il Pozzo della torre nord è considerato contemporaneo alla torre centrale.
La datazione ufficiale del “Losa” è un po’ più incerta ma si attesta tra il 1500 e il 1200 a.c. (3500-3200 anni fa) rendendo valida la percezione che il “Losa” fosse più recente del “Santu Antine”, sebbene quest’ultimo sia più complesso e articolato. Come si vede le mie date “intuitive” sono comunque molto vicine a quelle “ufficiali”.
La pianta del nuraghe “Pranu Nuracci” a Siris (OR), mostrando un disegno più semplice ma ancora più evidente, e quelle degli altri nuraghe trilobati inserite in “Civiltà Nuragica” di P. Melis(9), confermano l’ipotesi della simbologia del pube femminile per i nuraghe trilobati; le figure seguenti sono molto esplicite nel dimostrarlo; in tutti questi complessi la torre a nord (o a nord-ovest) ha una porta autonoma.

sovrapp Santu Antine

Santu Antine; Torralba (SS)

 

sovrapposizione Losa

Losa; Abbasanta (OR)

sovrapp pranu nuracci

Pranu Nuracci; Siris (OR)

sovrapp Longo Cuglieri

Longu; Cùglieri (OR)

sovrapp nuraddeo

Nuraddeo; Suni (NU)

 

 

 

 

Le planimetrie (in nero) dei nuraghe trilobati, compresa quella del Santu Antine, sono riportate da P. Melis in “Civiltà nuragica”, pag. 22, Delfino Ed., e si presume che abbiano tutte la stessa scala;
la riproduzione dell’apparato genitale femminile (in rosso) è presa da “Fisiologia Umana” Atlanti Scientifici Giunti-Marzocco, ed è riportata per ogni nuraghe sempre alla stessa grandezza, che come si vede si adatta abbastanza bene a tutte le planimetrie. Sembra chiaramente di vedere una unica idea progettuale realizzata con la personalizzazione dovuta a ciascun costruttore, proprio come accadeva per le chiese romaniche. Molto difficilmente si può trattare di una coincidenza casuale: rapportando le planimetrie e lo schema dell’apparato genitale femminile si ha una precisa corrispondenza tra torri sud e ovaie, torre centrale e utero e torre nord e vagina in tutti questi quattro nuraghe trilobati che sono tra i complessi nuragici più importanti della Sardegna. Nel Nuraddeo, come nel Santu Antine, inoltre, il cortile interno corrisponde in modo impressionante alla parte alta dell’utero. Non solo quindi si può ravvisare un disegno progettuale ben chiaro, che presume delle buone conoscenze anatomiche, ma si hanno anche proporzioni simili in edifici costruiti a notevole distanza tra loro.
Sapendo che quando sono stati costruiti alcuni di questi edifici erano i più alti dei loro tempi in tutto il bacino del Mediterraneo, viene da sé che un tale sforzo progettuale e costruttivo debba avere alla base forti motivazioni legate al culto, come fu per altre civiltà della stessa epoca, ma per confortare questa “impressione” con il parere di ricercatori esperti in materia ho scoperto che G. Atzori e G. Sanna, indicando una serie notevole di corrispondenze con altre civiltà, considerano i nuraghe come templi per il culto solare, legati al culto del Toro(10). La triade divina ipotizzata da questi autori è tutta maschile e questo forse può essere vero per gli ultimi utilizzatori di questi monumenti, Sardana e Fenici, ma a mio parere, e dato quanto affermato da Marija Gimbutas nei suoi lavori, difficilmente lo può essere per i loro ideatori e primi costruttori.
Questi ricercatori citano anche altri autori come M. Maxia, L. Fadda e R. Sardella che prima di loro hanno sostenuto da punti di vista differenti la funzione sacra e cultuale del nuraghe escludendo l’ipotesi militare e quella della reggia proposte dall’archeologia “ufficiale”.
Sanna in una recentissima pubblicazione sostiene che “…dalla seconda metà del novecento è stata formulata un’ipotesi alternativa, comunque già avanzata nel passato, che vede nel nuraghe un edificio destinato al culto. Da notare che Maxia e Fadda (1984) in base a considerazioni derivanti da indagini definite topologiche e tipologiche sostengono che il nuraghe costituisse ‘originariamente la manifestazione di un culto religioso di tipo solare o astrale’.”(11)
A riprova dell’intento consapevolmente e ideologicamente distruttivo della parte sommitale e femminile dei nuraghe perdurato nei secoli e nei millenni vi è il fatto incredibile che l’ultima distruzione deliberata della parte superiore del nuraghe “Santu Antine” è avvenuta poco più di cento anni fa con la scusa di abbellire una fontana del paese con i blocchi nuragici, non prendendo quelli già rovinati al suolo ma, nonostante la molto maggiore fatica, quelli ancora in opera sulla sommità!
Sebbene la documentazione che abbiamo consultato sia molto limitata, possiamo dire di aver avuto un buon riscontro alla nostra percezione dato che l’idea del nuraghe come tempio era già stata formulata anche da vari esperti in materia. Azzarderei però che la nostra intuizione si possa tradurre in un’ipotesi nuova e diversa da quelle sinora formulate dagli studiosi poichè vede unite la simbologia maschile e quella femminile nello stesso edificio-tempio “nuraghe”: il maschile prevalente negli aspetti esteriori, il femminile dominante negli aspetti interiori.
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Note
1) nel libro di Alejandro Jodorowsky “La via dei tarocchi” la Torre è interpretata come “apertura e emergere di quanto sta rinchiuso”. Osservando la carta, che nella versione tradizionale – o di Marsiglia – si chiama “la maison dieu”, la casa del dio, mi ha colpito lo sfondo di sfere che sembrano stelle; si ha l’impressione che la torre si apra per far uscire un fuoco o un’energia che ha dentro. La similitudine col simbolo cinese del crogiolo-tripode del Libro dei Mutamenti mi è sembrata molto significativa. Sapendo che tutti i nuraghe sono stati deliberatamente privati della parte più alta, femminile, è interessante notare che la connotazione più recente e usuale dell’arcano è negativa, per cui, pur essendo “maison dieu” è detta: porta dell’inferno, casa del diavolo, casa del dannato e casa di Plutone.
2) emissione di energia principalmente concentrata nello spettro compreso tra l’infrarosso vicino e l’ultravioletto; “assorbanza” vale invece per assorbimento di energia nello stesso spettro.
3) vedere i siti www.nuraghelosa.net e www.sardegnacultura.it/luoghidellacultura/areearcheologiche/
4) www.archeologia.beniculturali.it/pages/atlante/S155.html
5) “l’immagine della donna a forma di rana che mostra la vulva si diffonde lungo un ampio arco di tempo e non solo nel neolitico europeo e anatolico … in Egitto Heket presiedeva la fecondità e la rigenerazione post mortem. il suo corrispettivo greco è Baubo … mentre quello sumerico è Bau o Baba … Baubo è la dea che mostra la vulva (per l’iconografia vedi Lubell, 1994) a volte sollevando la veste secondo un rito che probabilmente risale al neolitico. I riti di sollevamento della veste sono noti dall’Egitto … ma donne-rana con la vulva in bella mostra erano già comparse in Anatolia agli inizi del settimo millennio a.c.” – da: M. Gimbutas “Le dee viventi”, Medusa ed. MI 2005
6) una raffigurazione di quella che è tradizionalmente chiamata “Sheela na gig” è riprodotta in: M. Gimbutas “Le dee viventi”, citato, a pag. 63
7) interessanti ipotesi sulla vicenda storica dei Shar-dana, che avrebbero dato il nome all’isola, e dei cosiddetti Popoli del Mare, si trovano nel libro di Leonardo Melis “Shardana, i Popoli del Mare”, PTM Ed. 2002.
8) per me la matrifocalità è un’evoluzione della struttura sociale che avviene nel neolitico antico e si manifesta principalmente nel bacino del Mediterraneo e lungo i grandi fiumi dell’Europa antica con il predominio dell’agricoltura e la fine del nomadismo, e che dall’animismo porta al culto della Dea Madre (simbolo della Terra) nelle sue tre manifestazioni principali: vergine, madre, anziana. Tale religione durò molti millenni ed iniziò a declinare con l’arrivo di popolazioni primitive, nomadi e patriarcali (i cosiddetti “ariani”), che intorno al terzo millennio a.c. iniziarono l’invasione e la conquista dei territori europei. E: Atzeni, in “La misteriosa civiltà dei Sardi”, Cariplo 1980, dice:”prima del nuraghe ci fu soprattutto il culto religioso, fondato sulla dea-madre, nutrice e generatrice di tutto ciò che vive. … Provengono da tombe e da stazioni all’aperto di cultura ‘Ozieri’ sempre più numerose le statuine della cosiddetta dea-madre … queste suggestive realizzazioni dell’arte religiosa protosarda … mostrano dell’idolo femminile tre principali versioni stilistiche.
9) Paolo Melis: “Civiltà Nuragica”, Delfino Ed. 2003
10) G. Atzori e G. Sanna: “Omines, dal neolitico all’età nuragica”, ed. Castello CA 1996
11) E. Sanna “Nella preistoria le origini dei sardi”, CUEC, CA 2009, pag. 42