QUELLO CHE SANNO FARE I GATTI OLTRE A FARE I GATTI
di Pier Prospero –
I gatti sanno fare molte cose, oltre a quello che viene dal loro portato genetico, o “istinto”. Soprattutto sanno imparare.
Osservano con pazienza e memorizzano tutto ciò che gli interessa.
Non tutti i singoli gatti sanno fare tutte le cose, ma in ogni gatto c’è potenzialmente la possibilità che possa fare quelle cose: sono tutti diversi tra loro e hanno anche diversa intelligenza, inoltre molto dipende anche dal rapporto che hanno con gli umani, cioè con che razza di umani hanno la ventura di doversi rapportare…
Hanno gli occhi molto grandi e frontali e più neuroni corticali dei cani. Tra i mammiferi superiori, esclusi gli umani, per neocorteccia cerebrale sono terzi dopo delfini e scimpanzè.
Piccoli tesori pieni di sorprese: ogni amante dei gatti ha le sue storie incredibili da raccontare a proposito di quello che sanno fare.
Sanno che il richiamo usato dagli umani corrisponde al loro nome.
Ma si è saputo del caso di un gatto che viveva contemporaneamente da tre umani diversi (neanche De Sica sarebbe riuscito a tanto…) e rispondeva a tre nomi diversi: se ne accorsero solo quando uno dei tre umani gli mise un collarino con la medaglietta col telefono.
Hanno una elevata percezione della loro individualità.
Anche se di pelo possono assomigliarsi, in realtà osservandoli bene si vede che non ce n’è uno uguale all’altro, sono più diversi i loro musetti uno dall’altro di quanto lo siano tra loro le facce degli umani, soprattutto in zone dove gli umani hanno avuto poco mescolamento genetico. Si nota poco perché è raro vedere molti gatti assieme ma quando succede è evidente.
Sanno far trasparire bene i loro sentimenti con una notevole mimica facciale e con l’espressione degli occhi. È impossibile non capire cosa provano.
Sanno leggere e capire i sentimenti degli umani dai gesti, dall’espressione degli occhi, dalla mimica facciale e dal colore del “biocampo”. Sì, sanno sicuramente vedere il campo elettromagnetico che circonda gli altri animali e soprattutto quello degli umani, il “biocampo” o campo bioelettromagnetico.
Tutti i gatti che hanno condiviso la loro vita con tratti della mia lo hanno fatto: in alcuni momenti ci guardano fissando un punto un po’ oltre il nostro viso, come se osservassero “qualcosa” ai lati o sopra il viso.
Mia moglie che ha lavorato molti anni con i bambini piccoli da pochi mesi a tre anni sostiene che a volte lo facevano anche loro; una bimba guardandola proprio in quel modo una volta le disse: “sai che oggi sei rosa?, ieri invece eri blu”.
Lei era sempre vestita con la stessa tuta bianca, ma il giorno prima era “nera” per diverbi tra colleghe che poi si erano risolti (in inglese “nera” si tradurrebbe “blue”). Questo “qualcosa” lo vedono anche alcuni umani e a volte riesce anche a me: è il campo elettromagnetico generato dall’attività delle cellule e degli organi e dall’emissione di infrarosso dovuta al metabolismo (produzione di calore). Cambia sia in ampiezza che in luminosità al variare delle condizioni di salute e psicologiche della persona.
Chi sa interpretare queste variazioni conosce immediatamente molto di chi incontra.
Sanno capire che gli si è salvata la vita (e questo comporterebbe una qualche percezione di poter morire) o che gli si offre una opportunità di sopravvivenza e se l’incontro con noi è di questo tipo ci saranno riconoscenti per tutta la vita.
Sanno capire e “perdonare” i nostri sbagli nei loro confronti.
Quando avevo 11 anni, accecato dalla rabbia per l’ennesima angheria dei miei genitori, misi in atto la catena perversa per cui “il plebeo defraudato se la prende con lo schiavo, lo schiavo allora se la prende con il lebbroso e il lebbroso se la prende con il cane randagio”.
Scaricai la mia rabbia dando uno schiaffo alla mia prima gatta, Tommy, che era lì sul mio letto.
L’esempio di mio padre che quando tornava furioso dal lavoro se la prendeva con me e mia sorella mi aveva già condizionato a comportarmi così.
Tommy aveva circa un anno e mi voleva molto bene perché l’avevamo tirata su io e mia sorella allattandola col biberon delle bambole salvandola dalla morte atroce che fecero i suoi fratellini gettati in canale dentro un sacco dalla custode della villetta a fianco della nostra.
La gattina urlò e fece una espressione sbigottita: non poteva capire perché le facevo del male dopo averla sempre accudita e coccolata.
Dopo pochi minuti mi resi conto di quel che avevo fatto e tornai da lei che si era accoccolata sul tappeto spaurita, la presi in braccio e le chiesi scusa piangendo dicendole che non lo avrei fatto mai più. Lei cambiò espressione, prima da spaurita a severa e poi a gioiosa con gli occhi che le brillavano di nuovo e mi fece le fusa.
Per tutta la vita ho tenuto a mente la lezione di non sfogarmi prendendomela con chi è più debole di me quando qualcuno mi ferisce o mi causa qualche sofferenza.
Sanno distinguere le persone potenzialmente pericolose o infide e ci avvertono platealmente.
Minù si avvicina, guarda lo sconosciuto da una “distanza di sicurezza” e appena quello si accorge di lei e dice “che bella gattina!” corre via schizzando da tutte le parti, come non fa mai, e alla fine infila la sua gattaiola uscendo al volo. In questo caso so che la persona che ho davanti non è buona, vuole fregarmi, e sto in guardia.
Altri perfetti sconosciuti, come un giovane e tatuato operaio elettrico, non hanno suscitato invece alcuna strana reazione, anzi dopo l’osservazione e l’annusamento di rito Minù si era messa tranquillamente a guardare cosa faceva.
In questo caso so che sono brave persone e mi rilasso nei loro confronti.
Sanno rischiare per difendere chi amano.
Sia la gattina Gioggi che il gatto Fili in alcune (per fortuna poche) occasioni hanno aggredito dei miei conoscenti che avevano mosso le braccia dandomi pacche o spinte amichevoli, ma evidentemente tali da sembrare a un gatto reali aggressioni: in tutti questi casi il gatto era vicino a me e il potenziale aggressore se lo è visto balzare addosso velocissimo e graffiare il braccio o la mano nel tentativo di deviare o sventare un ipotetico colpo diretto a me. Il mio imbarazzo è stato sempre immenso dato che il risultato finale sono stati lievi sanguinamenti e molto spavento per l’incauto ospite. Per fortuna i miei difensori non hanno mai morso i presunti aggressori, ma solo graffiato; penso che il morso lo avrebbero utilizzato in un secondo momento se la situazione si fosse aggravata.
Invece la mia reazione immediata che dimostrava loro che non c’era pericolo li aveva sempre fermati e messi in fuga per ripararsi da eventuali mie punizioni (mai comminate peraltro, dato che comunque lo facevano per difendermi…).
Da uno studio scientifico è emerso che sanno articolare fino a 25 suoni diversi associando ciascun suono a una cosa o a un bisogno.
Me ne ero accorto alcuni anni prima di leggere l’articolo che riporta lo studio scientifico che lo ha comprovato. Avevo contato 27 suoni diversi emessi da Gioggi secondo cosa voleva comunicare e in circa 4 anni di convivenza avevo imparato ad associare il suono con quel che voleva dire: un verso era per “voglio la pappa”, un altro per “voglio l’acqua”, un ulteriore per “la cassettina è sporca”, un altro ancora era per “voglio uscire” e così via.
Minù ne articola qualcuno di meno ma quando vuole attirare la nostra attenzione sembra usare due richiami specifici, uno per me e uno per mia moglie. Come se ci avesse dato due “nomi”.
Fili quando rientrava dalle sue scorribande maschili ci intratteneva con lunghi “discorsi” composti di molti suoni diversi, alcuni dei quali ricorrevano, tanto da sembrare veramente un linguaggio.
Mia moglie gli rispondeva come se avesse capito, guardandolo con tenerezza come fosse un bambino piccolo che non sa ancora parlare bene.
È evidente che ci “raccontava” qualcosa di importante per lui, che aveva visto o che gli era successo. Eravamo noi a non capire cosa diceva. Lui invece capiva benissimo quello che dicevamo noi e bisognava stare attenti a non pronunciare la parola “veterinario” o “trasportino” altrimenti spariva per delle ore.
Il problema dei gatti è che non trasmettono agli altri gatti l’abbinamento suono/oggetto-bisogno per cui ciascuno si fa il suo linguaggio a seconda delle situazioni. Detto in altre parole: Minù per dire “la cassettina è sporca” fa un miagolio diverso da quello che faceva Gioggi.
Sanno distinguere le persone dai passi e le automobili e le moto dal rumore del motore.
Tommy riconosceva il rumore della mia Lambretta ben prima che mia madre lo sentisse, e mia madre vedendola alzarsi e dirigersi verso la porta sapeva che stavo rientrando.
Gioggi riconosceva i passi di un vicino che la spaventava sempre perché non andasse a scavare buche nel suo orto e quando lo sentiva arrivare si nascondeva trafelata anche se era in casa.
Sanno aprire una porta chiusa (quasi tutti, Minù no).
La gatta Gioggi senza che nessuno glielo avesse insegnato aveva imparato a saltare sulla maniglia per provocare l’apertura di una porta interna che restava spesso chiusa. Saltava e si appendeva alla maniglia tirandola giù e con la spinta del salto contemporaneamente spostava la porta sbloccando la serratura. Il bello è che le riusciva anche al contrario: riusciva ad aprire anche una porta che si apriva contro di lei. Saltando riusciva a tirare la porta invece che spingerla!
Ricordo ancora la sorpresa nel guardarla fare questa acrobazia restando immobile e seminascosto.
Sanno fare scherzi, tra loro e agli umani.
Il veterinario da cui portavamo a “ricucire ” Fili dopo che le prendeva da gatti più grossi di lui ci raccontò che uno dei suoi gatti a volte quando rientrava a casa aspettava nascosto che lui uscisse dall’auto per saltargli addosso come in un agguato, lui regolarmente si spaventava e imprecava contro il gatto, ma il gatto gli trotterellava intorno tutto contento, evidentemente era contento che lo scherzo fosse riuscito!
Sanno farsi seguire.
Si incamminano col musetto voltato verso di noi e dopo un po’ si fermano per accertarsi che li stiamo seguendo. Minù in questo modo mi porta a vedere che sono finiti i croccantini nella ciotola o che la sua cassettina è sporca o che qualche porta è chiusa.
Sanno essere amici di altri animali e degli umani.
In un agriturismo dove c’era un “tondino” per cavalli e ai tempi avevano ancora un cavallo ho assistito a questa scena: ero fermo a una certa distanza a guardare il cavallo e ho notato un gatto scendere dal tetto saltando giù da punti diversi dove il salto era minore. Il suo movimento senza interruzione simile a una danza mi aveva attirato e lo avevo seguito attentamente. Arrivato all’ultimo salto, il più alto, verso terra, si fermò un attimo, prese bene le misure e saltò. Poi si diresse verso il cavallo. Entrò nel tondino e si avvicinò moltissimo al cavallo il quale lo “percepì” e abbassò la testa verso terra per vederlo. Allora il gatto gli diede un buffetto col naso sull’enorme muso e il cavallo emise un sottile vibrato. Si guardarono alcuni altri istanti e poi il gatto si girò e si diresse verso la casa andandosene verso una sua meta.
I proprietari ci avevano detto di non entrare nel tondino e di non avvicinarsi nemmeno troppo poiché era pericoloso per eventuali scalci del cavallo. Il gatto poteva rimanere ucciso solo per il movimento accidentale di uno zoccolo se il cavallo si fosse spostato, ma il cavallo non lo aveva fatto: era rimasto perfettamente fermo abbassando solo lentamente la testa. Evidentemente la vista non gli permetteva di vedere il gatto arrivare, ma lo “sentiva” e aveva abbassato la testa proprio esattamente dove si era fermato il gatto.
Ebbi l’impressione molto precisa che il gatto fosse andato a salutare e “consolare” il suo amico cavallo prigioniero nel tondino.
Per quel che riguarda l’amicizia con gli umani sanno darla a chi se la merita e solo a questi prescelti concedono di entrare nella loro vita…
I gatti sanno fare anche molte altre cose, ogni umano che ci si è rapportato per un certo periodo ha da raccontare la specialità del “suo” gatto: uno beve dal rubinetto, l’altro fa la pipì nella tazza, ecc. ecc. ma a me aveva colpito particolarmente un video tra i molti di gag comiche di gatti che si trovano in internet: un gattino si fa trasportare in giro tutto contento seduto sul carapace di una grossa tartaruga di terra…
La supremazia dei mammiferi sui rettili sancita per divertimento.
Un divertimento che per saperlo fare richiede molta neocorteccia.
Ma i gatti ce l’hanno.